All’inizio del film Battle Royale, una voce fuori campo dichiara: ‘all’alba del Nuovo Millennio, la nazione [giapponese] è al collasso. Al 15% di disoccupazione, 10 milioni di persone sono senza lavoro. 800.000 studenti marinano la scuola e il numero di crimini giovanili aumenta vertiginosamente. Gli adulti hanno perso tutta la loro sicurezza e temendo la gioventù promuovono il Millennium Educational Reform Act. AKA: the BR Act.’. Ogni anno, una classe di studenti dell’età di 15 anni (9th grade) viene selezionata casualmente per partecipare a un gioco mortale. Deportati su di un’isola deserta e armati, gli studenti sono obbligati a uccidersi a vicenda fino all’ultimo sopravvissuto.
Battle Royale ha seguito un iter multimediale consolidato nell'industria: nato romanzo di Koushun Takami (1999), adattato film live-action diretto da Kinji Fukasaku (2000) e infine manga scritto sempre da Takami e illustrato da Masayuki Taguchi (2000-2005). Tra le similarità e differenze di queste prove vorrei soffermarmi su di un fatto: c'è un personaggio chiamato Kinpatsu Sakamochi nel romanzo, professor Kitano nel film, interpretato da Takeshi Kitano, e Yonemi Kamo nell’adattamento a fumetti. In realtà, oltre al nome proprio, l'insegnante del romanzo e l'uomo di stato del fumetto sono molto simili, solo che l’uno è l’eccesso dell’altro. Yonemi Kamo infatti mostra di trarre godimento dalle sofferenze altrui, per lui il protocollo BR è un piacevole passatempo più che un affare di stato. Kitano, invece, merita un discorso a parte. Vorrei anzitutto rispondere a un quesito identitario: perché le tre iterazioni dello stesso soggetto hanno nomi differenti?
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La disumanità di Yonemi Kamo emerge già dalla fisionomia. |
Cche abbiano tre nomi diversi e non unico, e che questa scelta sia resa significante per volontà degli autori o meno, ciò non è importante. Al contrario, significa solo e in maniera più interessante che il nome non si fissa sul personaggio poiché quest’ultimo è mobile: a partire da Freud, e ben prima nella letteratura, giunge fino a noi l’idea più che consolidata del soggetto diviso. Dunque possiamo immaginare questa figura come uno degli elementi che formano una struttura di rapporti, come in una sorta di condominio molto affollato. Il prof. Kitano siamo noi, o meglio, lo è metà della popolazione. Non sfugge, infatti, la natura del film, cito: esso ‘è un racconto disincantato della crisi generazionale. Lo scontro tra genitori e figli, estesosi a tutta la popolazione come un'epidemia, mette in luce l'effetto primo di questa violenza: il rovesciamento dei rapporti. I genitori divengono figli, e i figli genitori. Battle Royale mette in scena la risposta del re detronizzato, senza più potere né autorità, ed essa non può che realizzarsi in una forma ancora più violenta e distruttrice: un gioco in cui in palio è la vita’. Kitano è dunque parte della fazione dei “padri”, spodestata, perdente in termini socio-economici: da un parte abbiamo il professore, le cui lezioni vengono disertate in massa dai suoi studenti e da uno di questi viene ferito alla gamba con un coltello; dall’altra il padre del protagonista Shuya, che lamenta la propria condizione di disoccupato prima di impiccarsi nella prima scena del film, lasciando al figlio come testamento un rotolo di carta igenica sbrogliato per tutta la casa su cui è scritta un’unica parola di incoraggiamento: ‘puoi farcela!’ (ganbare!).
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Il padre di Shuya sucidia, con al collo la carta igenica |
Il passaggio di consegne alla classe di produzione non ancora formata è una sorta di abbandono, una resa: dopo l’episodio sopra descritto Kitano abbandona il suo lavoro, mentre il padre di Shuya, già disoccupato, sceglie il suicidio. Al di là delle cause, in entrambi i casi gli effetti sono l’inversione del rapporto di potere. Lo scontro generazionale è spesso organizzato spazialmente in senso verticale, dove l’ascesa è un’azione di segno postivo e all’opposto sta la discesa. Come avviene il passaggio? Rimanendo sul piano metaforico, immaginiamo invece che lo scontro avvenga su un piano orizzontale. Due fazioni, una battaglia campale, d’altronde che cos’è la lotta di classe se non una guerra? Siamo confusi, questi avvenimenti sono antecedenti alla storia del film, la guerra non è bella che conclusa?
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Il proffessor Kitano |
Dobbiamo immaginare invece che Kitano, prima di ritirarsi dal campo, ferito, voltasse un’ultima volta lo sguardo dietro di sé e giurasse: ‘hai vinto la battaglia, ma non la guerra!’. Per Girard, non esiste frase più spaventevole, è la promessa di violenza su altra violenza, un’escalation che, secondo Clausewitz, sembra non avere mai fine: ‘la guerra è un atto di forza, all’impiego della quale non esistono limiti; i belligeranti si impongono legge mutualmente; ne risulta un’azione reciproca che logicamente deve condurre all’estremo.’ È vero, come dice Girard, che ‘l’azione reciproca provoca e allo stesso tempo differisce la tendenza all’estremo.’ Ma come possiamo essere sicuri che il nostro atto di violenza sarà l’ultimo a chiudere il cerchio? A meno di dieci anni dopo il folle gesto su Hiroshima e Nagasaki, la bomba atomica è divenuta alla portata di altri, perdendo così in brevissimo tempo la sua funzione di violenza ultima. Come prima degli eventi del film, in un immaginario prequel, i giovani si sono illusi che la loro fosse l’ultima parola, cosa fa pensare agli adulti di Battle Royale che la gerarchia sarà ancora a loro favore? E infatti non succede, sopravvissuti al folle editto, i due protagonisti, Shuya e Noriko, meditano la riscossa, che si attuerà nel film successivo, sotto il nome ufficiale di terrorismo. Possiamo immaginare un ulteriore Battle Royale che mette in scena la seconda risposta della generazione sconfitta, e così ancora poiché ‘entrambi i princìpi di azione tendono verso l’assoluto, senza trovare altri limiti che nei contrappesi insiti in essi.’
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La punizione ha inizio |
Qual è il grande escluso di questa analisi? Mantenendo il tono della metafora militare, si potrebbe chiamare "l’altro fronte", quello in cui gli studenti combattono tra di loro. Il mio tacere fino ad ora è connesso al fatto che il protocollo Battle Royale è un’esca narrativa: attiva l’attenzione, è il fatto sensazionale e inaudito che ci attrae del film, l’arena dell’uccisione reciproca. Esso è condito inoltre dalla salsa distopica della legalità del protocollo stesso, percepiamo una profonda ingiustizia… Un’esca poiché il fulcro autoriale è da un’altra parte, rivolto cioè verso il conflitto generazionale. Eppure, non basta. Dirò questo: il conflitto generazionale e la guerra di tutti non sono semplicemente l’uno la causa dell’altro, i modi in cui la violenza ha da manifestarsi. Gli studenti lottano fra loro, così vengono puniti, l’imposizione dall’alto è più forte che mai, ed esclude così totalmente le possibiltà di una diversa origine: la lotta per risorse, uno spazio silenzioso di competizione reciproca. Ciò che il film mette in secondo piano sarà il centro scenico di Fortnite, votato unicamente alla ludicità nella resa di pongo del mondo.